La Palestina è il mondo

Lo Stato di Palestina viene cancellato non con gli slogan ma con le azioni! Questo è un fatto che sotto i nostri occhi e quelli del mondo intero si sta consumando, con una crudeltà pratica e disumanizzante propria di questo sistema che ne permette l’esistenza e la realizzazione.

Milioni di persone sono costrette ad assistere inermi ai fatti, milioni di individui, uomini donne bambini, che hanno manifestato in questi ultimi tre anni in modo più incisivo, a Milano tutti i sabati dal 7 ottobre 2023 in poi, sperimentano che i tracciati e le decisioni dei potenti non si fermano e, noi aggiungiamo, che possono essere fermate solo con la partecipazione organizzata e di massa dell’unica classe che è obbligata a confliggere con il capitale: quella proletaria super organizzata senza divisioni e con un programma politico chiaro.

In quelle terre “sante” non esistono ostacoli al processo di trasformazione di tutta l’area mediorientale, l’interesse per quei paesi, non nasce solo perché il popolo ebraico aveva bisogno di una terra dove vivere, viste le sue condizioni di circa duemila anni di senza “fissa dimora” e di continua persecuzione, ma per progetti economici e geopolitici che ubbidiscono al bisogno di profitti americani ed altri, ad ogni costo.

Sappiamo e dobbiamo ricordarcelo che arabi ed ebrei, senza parlare delle guerre di religione di 1500 anni fa, hanno convissuto in pace, come succedeva anche in Palestina. Di fatto le motivazioni di tutti gli Stati belligeranti, mentre si macchiano di assassini e terrorismo, dichiarano di essere costretti a sterminare, a distruggere le case, a portare alla morte per fame migliaia di persone, per creare un mondo di pace e di benessere per il popolo…

Noi dello Slai Cobas guardiamo con orrore ciò che succede nella striscia di Gaza, oggi, secondo le informazioni dei media, il 40% di quel territorio è stato conquistato dall’esercito israeliano, se i registi di questo massacro non cambieranno idea, l’occupazione sarà totale con l’eliminazione o con l’evacuazione di uomini donne e bambini che sopravviveranno allo sterminio.

Il nostro compito, oltre alla solidarietà attiva, è quello di denunciare e contro informare i lavoratori e le lavoratrici italiane, partecipare alla discussione politica attivamente per contribuire alla denuncia delle cause, alla denuncia dei responsabili e ad indicare a milioni di proletari i fatti letti nell’unica chiave giusta, comunista e rivoluzionaria.

La forza dello Stato israeliano non sta solo nelle 90 tesate nucleari montate su missili, se volessimo ragionare alla maniera dei bambini, ma sta nel bisogno degli Stati Uniti di dominare in quell’area. Varie navi portaerei sono presenti nel golfo Persico, oltre a navi da guerra e sommergibili con i loro carichi nucleari vigilano e controllano sui paesi avversi allo Stato gendarme del modo, quali l’Iran, lo Yemen, e ne difendono gli interessi.

Dobbiamo dire le cose come stanno: dando le responsabilità delle guerre ai fattori economici che le determinano e infine denunciando l’ipocrisia e il vassallaggio dei governi europei e arabi alla potenza americana.

Le forze armate israeliane hanno fino ad oggi attaccato 8 paesi subendo poche perdite e mantenendo il consenso nel proprio paese, tranne alcune eccezioni, che abbiamo salutato con interesse, forti manifestazioni di protesta, che non hanno modificato l’andamento delle cose.

Gli Stati Uniti, principali responsabili delle guerre economiche in corso nel mondo, sono obbligati a portare avanti la loro rivoluzione, una rivoluzione che deve riassettare l’economia dei padroni americani ed infine ridisegnare un nuovo e più potente asse, almeno questo è l’intento di Donald Trump, nel confronto mondiale prossimo, sul piano economico e politico e delle alleanze.

Noi non dobbiamo pensare, come viene spesso sostenuto, che le guerre si combattono perché il Primo ministro, come nel caso di Netanyahu, o un gruppo dirigente di uno stato in difficoltà vuole mantenere il potere. Le guerre si combattono per il bisogno dei padroni e dell’élite di mantenere i loro profitti, depredare tutto quello che possono, ed infine affamare il popolo e farlo morire per difendere la patria: la politica non decide cosa fare, decide, se ha l’appoggio di chi ha in mano le sorti economiche, come bisogna farlo. Nell’era capitalista è stato sempre così, è l’economia che decide cosa fare, non il contrario. Gli americani hanno studiato per lungo tempo le strategie dell’impero romano e ne percorrono le orme, chi si oppone viene distrutto, altrimenti si diventa provincia americana. Proprio in questi ultimi tempi apprendiamo che la Siria, filo iraniana e russa, firma accordi con Israele per la sicurezza e la pace. Noi non possiamo meravigliarci di questo, siamo nel pieno dell’era capitalista putrescente, tutto è lecito, tutto è possibile se si hanno le forze militari ed economiche per farlo.

Né possiamo meravigliarci che gli Stati europei accettino di pagare e di condurre una guerra contro la Russia in appoggio all’Ucraina, per conto dei signori degli anelli americani.

Dobbiamo vederle unite queste situazioni di confronto, in quanto i due paesi imperialisticamente più forti, si scontrano, ognuno cercando l’espansione nella propria area di influenza. L’occupazione dell’Ucraina da parte della Russia va avanti, lentamente ma va avanti. In Palestina la situazione è esplosa dopo il 7 ottobre, ma se consideriamo che un esercito super organizzato ha dovuto fare tabula rasa e uccidere o deportare tutti i civili per vincere su Hamas, lascia intendere che le armi convenzionali anche se potenti non bastano, ci vogliono uomini e donne armati per conquistare e mantenere la posizione e questo è stato sempre difficile. Queste sono guerre tattiche in preparazione di un confronto più decisivo per l’influenza egemonica, il controllo delle materie prime, il controllo dei mari, ecc.

Guardiamo con preoccupazione quello che succede perché nessuno può sentirsi estraneo dal crollo della sicurezza sociale, dalla perdita di potere politico e contrattuale della classe dei lavoratori, l’economia di guerra, per ora economica coinvolge tutti.

Lo scontro antimperialista ha prodotto vari scossoni che porteranno a scenari diversi da quelli a cui eravamo abituati, ed anche i paesi vassalli degli americani, come quello italiano, dovranno fare i conti con queste novità.

La talassocrazia americana e il controllo dei cieli, comincia ad essere messo in crisi da un altro asse, non secondo a quello della Nato, Russia, Cina, Korea, India e Iran che ne hanno consolidato l’assetto. L’India avversaria della Cina si trova oggi a discutere per arginare la compenetrazione delle merci americane e a neutralizzarne gli investimenti. Sarà un forte pensiero per il capitalismo a stelle e strisce e anche per l’Europa, se non cambia la rotta.

Perciò, la Palestina è il mondo, perché in quell’area da sempre si gioca a scacchi per il petrolio, per la supremazia del dollaro nel mondo e per il controllo dei mari, l’80% delle merci mondiali vengono trasportate per mare, gli americani hanno interessi in ogni stretto di mare, da quello di Panama a quello di Suez, Hormuz, ecc… e li controllano.

I grandi investimenti cinesi sono legati proprio alla navigazione miliare, la Russia è dotata di navi, portaerei e sommergibili nucleari da angoscia, gli altri stati di questo asse producono e si armano da far paura, con popolazioni giovanissime rispetto alla nostra e forse anche di quella americana, sicuramente più portati alla guerra di conquista dopo i bombardamenti, rispetto ad esempio agli italiani con 50 anni di età media, se vogliamo anche vedere queste cose, ci possiamo accorgere delle difficoltà del capitalismo italiano.
Uno scenario che non può lasciarci tranquilli.

Il capitolo legato alle posizioni politiche dei governati europei ed italiani serve a colorare il quadro con tinte ancora più fosche, oggi l’Onu ha deciso che a Gaza l’esercito israeliano sta annientando un popolo e di fatto commette un genocidio, in questi due anni le discussioni di aiuto al popolo palestinese si arenavano su come denominare il massacro: genocidio si, genocidio no! In definitiva mentre i progetti americo-israeliani si configuravano nella loro ferocia, questo era l’unico interesse per questi servi dei padroni americani, e di riflesso israeliani.

Il Governo italiano in questi giorni presenta in televisione qualche caso di filantropia: qualche bambina palestinese ricoverata in qualche ospedale e qualche altra azione di facciata; mentre le armi italiane continuano ad arrivare in Israele e si esportano in Italia prodotti israeliani.

La storia narrata purtroppo, la raccontano sempre i vincitori e chi ha più forza per imporla, l’obiettivo è di far apparire “al popolo coglione risparmiato dal cannone”, che i propri politici sono buoni e sono umani. Si inserisce in questo quadro lo sciopero della Cgil, che alla fine non ha potuto continuare a far finta di niente, stessa storia per la flottiglia umanitaria per Gaza, con i nuovi eventi non possiamo immaginare cosa succederà, ma il fatto che sia della partita anche Greta Thumberg ci consola. Anche in questo caso la piccola borghesia combattiva vuole dire la sua sulla vicenda. Anche se l’iniziativa può essere vista come interessante: finalmente si fa qualcosa per i palestinesi, si inserisce in un chiaro intento di essere della partita ma non di voler modificare realmente le cose. Non nascondiamo la difficoltà di poter intervenire in questo scenario, ma dobbiamo essere decisi su un fatto: contro il sistema del capitale e le sue leggi, sulle guerre si interviene come classe organizzata e con un chiaro programma politico, altrimenti tutto viene infine utilizzato dai nostri avversari, i padroni, le élite e i loro politici lacchè.

Per lo sciopero del 22 settembre è mancata la nostra adesione allo sciopero in quanto le altre sigle che l’hanno indetto, non ci hanno coinvolto nella preparazione, ma noi indichiamo a chi ci legge, alle lavoratrici e lavoratori iscritti alla nostra sigla, di aderire, anche noi, con le forze e la volontà che abbiamo, vogliamo contribuire e spingere, in un quadro di solidarietà di classe al popolo palestinese, al proletariato israeliano, a quello europeo, tra cui quelli russi e ucraini, non ultimo quello americano, a reagire a marciare verso l’organizzazione politica e sindacale, perché non solo pagherà pesantemente i costi della crisi economica/militare, ma già da adesso fasce di proletariato americano vivono condizioni di vita al di sotto degli operai dei paesi controllati dagli americani, ma saranno gli atomi per ricostruire il “nuovo” la nuova macchina infernale del capitalismo.

Non abbiamo altre strade, non possediamo arsenali atomici, né sommergibili nucleari, abbiamo dalla nostra parte la condizione storica che ci contrappone per natura al sistema dei padroni. La crisi mondiale, anche se oggi alcuni paesi proprio grazie alla produzione bellica riescono a far quadrare i conti con le percentuali della disoccupazione, noi sappiamo che tutto ciò è il preludio della deflagrazione dello scompenso di questa società sia economica che politica.

I partiti, anche di sinistra, non hanno nei loro programmi l’abbattimento del sistema del capitale, vogliono convincerci anche se dovessimo pagare un’altra guerra, che questo è il sistema migliore che c’è, basta mandare loro al governo e dipingerlo un poco di rosa.

Contro le guerre dei padroni cento mille rivoluzioni!!
● Gaza oggi è il mondo intero, niente guerre niente impero!!

Scarica, leggi, discuti e diffondi: